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UN SABATO MATTINA ATTENTI ALLA MUSICA

Uno sguardo a cura di Omar Manini.
Giornata Formativa Regionale Attenti alla musica – prendersi cura della musica e dell’infanzia@ Teatro Comunale Verdi, Pordenone, 7 ottobre 2017

Al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone è stata organizzata dall’Ente Regionale Teatrale del FVG – teatroescuola, in collaborazione con USCI, Unione Società Corali del FVG, una giornata formativa riconosciuta dal MIUR, Ufficio Scolastico Regionale per il FVG.

La giornata, dedicata principalmente agli insegnanti, ma aperta a tutti, è stata suddivisa in una tavola rotonda mattutina e in una serie di workshop tematici pomeridiani dedicati all’esperienza diretta.

Durante la sessione diurna, mediati da Silvia Colle e Lucia Vinzi dell’Ert, Antonella Talamonti (compositrice, formatrice, vocalista) e Franco Fabbri (musicologo, musicista, docente universitario) hanno discusso su alcuni spunti riguardanti il valore della formazione, ancor prima di quello dell’educazione, veicolata dall’esperienza musicale.

Se teatroescuola festeggia trent’anni è merito di un percorso che ha saputo cambiare, mantenendo alto l’ascolto sui mutamenti sociali e perseguendo un’encomiabile coerenza: questa capacità di immergere le radici programmatiche in risposta ad una naturale richiesta sociale ha evitato ogni forzatura e ogni pericoloso scollamento tra la (le) realtà è i bisogni, cavalcano o anticipando esigenze pulsanti di chi la scuola la fa e la vive quotidianamente, siano essi insegnanti, siano essi studenti.

L’edizione teatroescuola 2017 è dedicata all’azione concreta e alla pratica del “prendersi cura” – prima di sé per estenderla poi al di fuori del sé – con tutte le sue implicazioni sulla necessità di pazienza e contemporanea a spinta propulsiva proiettata al futuro, opportunità di ascolto, recupero dell’energia e delle radici, condivisione progettuale.

Nello specifico, teatroescuola quest’anno vuole interrogarsi sul significato/valore della musica a scuola, sul suo utilizzo, sul senso del fare, sul riequilibrio di massimo tecnologico (tendenza naturale delle nuove generazioni) e minimo tecnologico (capacità innate, archetipiche) e sull’avvicinamento tra interpreti e ascoltatori (spesso la distanza rompe i legami). Interrogativi che non possono prescindere dal mettersi in campo e in gioco in prima persona, diventando la materia stessa dello spettacolo, il terreno fertile su cui modellare forme, accendere colori, disegnare suoni.

Capire che la musica (e la naturale derivazione della danza) è il motore pulsante nella vita delle persone che trasformano il quotidiano in un palcoscenico continuo e personalizzato è il punto di partenza; eppure, a livello scolastico, la musica sembra avere solamente una valenza pedagogico-didattica, scollegata dall’esperienza puramente espressivo-artistica e dalla comprensione della spinta emozional-motivazionale di ascoltatore o musicista che sia. Insomma, una musica inquadrata e incorniciata, ma, proprio per questo, snaturata e devitalizzata delle sue potenzialità. Per questo c’è bisogno di ricollocare il senso della musica interrogandosi sul come proporla nelle scuole: un percorso che necessita di sensibilità, abbandono dei confini e di ogni pregiudizio.

Antonella Talamonti, all’inizio del dibattito, ha posto l’attenzione all’importanza della musica come capacità del corpo di creare suono, musica e di farsi mezzo di attraversamento della stessa, divenendo centro di connessione culturale con l’ambiente. Liberarsi dalla rincorsa al prodotto per concentrarsi sul processo e sull’attenzione verso se stessi per dar spazio anche agli altri, facendo tesoro/utilizzo delle possibilità. La musica, per Talamonti, anche a livello scolastico, può essere un mezzo straordinario di conoscenza, comprensione, integrazione e liberazione culturale.

Franco Fabbri, infine, ha alimentato la nutrita platea con un gustoso excursus delle sue esperienze facendo capire come la catalogazione o l’assegnazione di etichette (generi, stili) siano solo un approdo o una sicurezza, ma anche una pericolosa deviazione, una sclerosi del pensiero.

Ciò che è emerso è un’urgenza del teatro ragazzi di reinventarsi costantemente abbracciando formalmente settori – musica, danza – ancora sofferenti per una rigidità strutturale che gli impedisce di essere realmente utili nella formazione scolastica. Da educatore, ho trovato ficcanti e quasi dolorose, nella loro puntualità, le possibilità della materia tracciate dalla Talamonti, quasi totalmente schiacciate in una logica di essenziale, ottusa, imposizione che crea solamente disagio, rifiuto, conformità competitiva.

teatroescuola, con queste giornate e tutti gli spettacoli programmati, dà una scossa al nostro pensiero, rimescola le nostre certezze e ci sbatte in faccia limiti e possibilità di resistenza all’appiattimento scolastico per nuovi modi di essere cittadini, educatori, insegnanti e studenti.

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