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Giampiero Ingrassia @ teatroescuola

Hollywood, Broadway, il West End – wow! – ma in Italia, per un lungo periodo, il musical non attecchiva affatto. Certo, a teatro c’erano l’operetta e qualche commedia musicale che ha fatto la storia (Garinei&Giovannini), ma erano episodi isolati. Poi, nel 1997, ecco l’imprevedibile: il magnifico tornado di “Grease” di Saverio Marconi, con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia in pista. Un successo travolgente, colorato, movimentatissimo che ha (s)travolto l’intero panorama. Non lo si sapeva, ma l’Italia era pronta, le professionalità mature: bastava solo organizzare il rito collettivo, fatto di ritmi vorticosi, leggerezza, risate collettive, tanta musica e sgargianti danze. Riappropriarsi di uno spazio condiviso in cui star bene, per sognare e abbandonarsi, magari solo per un attimo, alla fantasia. Che proprio qui si celi un indizio di sopravvivenza anche per il nostro domani?

Raccontami di Giampiero Ingrassia, oggi…

Sono un tranquillo uomo di mezza età e, come tutti gli attori del mondo, in questo momento mi trovo a riposo, ma con la speranza di tornare a lavorare al più presto! Pensando a quello che è stato finora, mi sento soddisfatto perché non ho mai cercato di prendere in giro o di deludere il pubblico, a cominciare dalle scelte teatrali. E il pubblico l’ha capito e mi ha sempre seguito. Sono anche un padre soddisfatto, felice, con un figlia diciassettenne.

Hai esordito agli inizi degli anni ’80. Ti riconosci in quel ragazzino un po’ impacciato?

Sono cambiato molto, mantenendo quel pizzico di Peter Pan che ognuno di noi dovrebbe conservare. Ma solo un pizzico, altrimenti diventerebbe una scusa, no? (sorride, nda) Beh, poi mi volto e vedo che iniziai trentasette anni fa, rispondendo a un semplice annuncio, in un teatrino romano da cinquanta posti… Riguardandomi provo tanta nostalgia e tenerezza, era il periodo in cui pensavamo di poter conquistare il mondo! Oggi c’è meno disincanto rispetto a quel Giampiero del 1983.

In una dichiarazione hai detto che “un attore, recitando, è abituato a ingannare il pubblico”. Nel lavoro, hai mai sentito di ingannare te stesso?

No, non ho mai ingannato me stesso perché poi il pubblico se ne sarebbe accorto. Certo, è capitato di sentire la stanchezza di un lungo viaggio poco prima dello spettacolo serale… ma poi, sentendo il calore e l’energia del pubblico, è difficile che uno non ci metta l’anima. Può fare una replica più stanco, ma mai demotivato! Anche perché, prima di entrare in scena, che sia una prima o l’ultima replica, io ho sempre il cuore che batte all’impazzata. Poi, una volta entrato in scena torna normale.

È incredibile come sai nasconderlo! In scena mostri sempre una totale padronanza emotiva…

(ride, nda) Ti ringrazio, ma fingo di essere tranquillo! L’emozione c’è sempre, è una cosa che forse dipende anche dal carattere. Non sono mai entrato in scena pensando “vabbè, entriamo, che palle!”. No, mai!

Quanto devi abbandonarti al personaggio e quanto, invece, devi saperti controllare rispetto al ruolo?

Diciamo che interpretare un ruolo è un mix di questi due atteggiamenti. Comunque devi lasciarti andare come se tu indossassi il vestito di un altro, ma devi farlo tuo, aggiungendoci qualcosa di te come attore e come interprete, più che come persona. Ecco perché lo stesso ruolo, interpretato da vari attori, cambia di volta in volta.

Una carriera ricchissima, eppure ci viene in mente sempre il Giampiero in versione brillante…

In effetti ho fatto molto altro, ma siamo in Italia e quando inizi una cosa la gente si abitua a vederti lì. Se poi gli parli di Ingrassia in un contesto drammatico storce il naso perché si aspetta di sentirmi cantare, far ridere,… questo è un limite del nostro Paese perché negli altri ci sono esempi di attori che travalicano il genere. Comunque è anche un aspetto positivo perché questo porta ad un affetto sincero e all’estrema fiducia del pubblico che ti chiede sempre di tornare nel suo teatro.

Alle tue spalle hai una “pesante” eredità artistica. È mai stata un limite? Riconosci, in te stesso, qualcosa di tuo padre?

No, ho sempre vissuto le mie radici in maniera “leggera”. Certo, all’inizio volevano sapere se fossi parente… allora dovevi stupirli, non potevi solo accontentarli, ma dovevi essere molto più bravo degli altri. Comunque non ho vissuto né lotte, né incomprensioni, né paragoni anche perché ho scelto una carriera diversa da quella di mio padre, lui nel cinema, io a teatro. Invecchiando e guardando certe foto di scena mi accorgo quanto assomigli a mio padre, pur nelle diversità. E come mio padre sono contro i soprusi, sono caparbio e ho ereditato sicuramente la sua ironia molto “British”. Ed emergono anche le radici territoriali, come la comune galanteria siciliana che penso mi appartenga.

Le tue prime esperienze furono in radio; c’è mai stato un ritorno di fiamma?

Io adoro la radio, ma l’ho fatta pochissimo, all’epoca delle radio libere, inizi anni ’80. C’era un programma di musica che aveva un’ora libera nel palinsesto e un mio amico mi propose di provare quella avventura! Lanciammo in Italia un sacco di gruppi che divennero famosi nel panorama hard rock come i Mötley Crüe, i Dokken,…

Mi piacerebbe moltissimo riprovarci anche perché adesso è tutto computerizzato, c’è una regia, ci sono le dirette social… ma non me l’hanno mai proposto, chissà che… adesso poi potrebbe essere un’idea!

Hai avuto anche un’esperienza come insegnante di recitazione. Come sono i ragazzi di oggi?

Aprii una scuola, la Fonderia delle Arti, che lavorò per dieci anni, fino a tre anni fa. Per problemi di lavoro, non riuscivo più a dare continuità alla mia presenza e l’ho chiusa. È stata un’esperienza bellissima, dieci anni di insegnamento con ragazzi che ora lavorano attivamente e questo mi dà soddisfazione. Trovo che i giovani di adesso siano molto preparati. In un recente provino per una commedia con Lorella Cuccarini cercavamo due attori per fare i nostri figli… si presentarono in cinquecento e almeno metà erano bravissimi, portavano pezzi importanti con scelte meditate. Il livello si è alzato tantissimo grazie alla passione, alle scuole, ai mezzi di oggi. Il livello, adesso, è estremamente alto. E questo anche grazie al web che ha ridotto tempi e ampliato le possibilità. All’epoca, per cercare un testo teatrale dovevi andare nelle librerie di settore, probabilmente ordinarlo, aspettare un mese… i tempi erano molto più dilatati: ora con un click il testo lo trovi, lo stampi e confronti le interpretazioni su youtube, fantastico!

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