Skip to content
Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia | teatroescuola info@teatroescuola.it Newsletter

Daria Paoletta @ teatroescuola

Che dire per descrivere Daria Paoletta? Attrice, autrice e regista pugliese, mette in scena la sua grande passione per il teatro di figura con la complicità di Raffaele Scarimboli (compagnia Burambò >)

Il resto lo lascio alle sue parole, ma vorrei sottolinearne la dolcezza, la modestia e la profonda umanità – incorniciate da una voce che coccola l’anima – che emergono da uno spirito estremamente sensibile, volto alla ricerca interiore da donare agli altri attraverso il continuo rimodellamento di sé. “Scusa se ti ho fatto aspettare, ma mi sono impegnata in turni di volontariato con la protezione civile e mi era difficile prevederne prevederne la durata” mi accoglie, sinceramente dispiaciuta. Figurarsi, posso solo ringraziarla e ringraziare le persone così che donano luci e colori in mano alle persone del mondo.

Come ti descriveresti?

(Ride, nda) Sono una semplice combinazione tra attrice, burattinaia e raccontastorie. Più di così, non saprei. Sono un’innamorata di questo mestiere perché ti consente di avere sempre qualcosa di nuovo da fare! Almeno per me è così e, anche nelle cose che hanno successo, non mi accontento della ripetizione… cerco qualcosa d’altro, di esplorare sempre nuove strade! Il teatro per me è un modo di vivere che va oltre lo spettacolo. È incontro, confronto, una continua ricerca del capire, del chiedersi e mi fa sentire dentro la vita!

So che costruisci le scene e i burattini dei tuoi spettacoli. Cosa significa essere degli artigiani del teatro?

Nella mia compagnia lavoro insieme a Raffaele Scarimboli e da sempre c’è stata un’artigianalità condivisa per cui io dipingo, lui fa le sculture e insieme creiamo i costumi dei nostri burattini. È una compartecipazione che crea un sentimento familiare in ambito lavorativo e in cui si costruisce insieme.

Il teatro di figura si basa molto sulla voce che dà forma al contenuto. Come dialogano forma e contenuto nei vostri spettacoli?

Ecco, questo mi invita a raccontarti che con il teatro di figura, ad un certo punto, non riconosci più se è nato prima l’uno o l’altra… l’idea di raccontare una storia, nel nostro caso, è il primo seme – quale storia? – ma, immediatamente, è la storia stessa che detta le modalità e il tipo di figure necessarie. Quindi la creazione avviene di pari passo alla drammaturgia e, a seconda dei temi salienti, si costruisce l’oggetto. Questo perché l’obiettivo è che sia un tutt’uno e per ottenerlo devi costruirlo dall’interno del nucleo narrativo.

Qual è la tua idea di teatro?

Secondo me il teatro è necessario. Tutto quello che scegli dev’essere solo ciò che è veramente indispensabile. Quindi per noi già l’idea della storia deve rispondere al presupposto di necessarietà, dobbiamo sentirla come una necessità da raccontare. In secondo luogo, amiamo fare un teatro senza retorica che purtroppo oggi è troppo spesso cavalcata e fa presa. Dobbiamo abbatterla, lavorare sulle cose fermandoci prima di cadere in questo difetto troppo comune. Questa è la mia idea, la mia fede nel nostro lavoro.

Il pubblico pensa al teatro come all’esperienza vissuta dal vivo, davanti al palco. Ora che questa è diventata impossibile cos’è rimasto del teatro?

Io credo che ci sia un grande spiazzamento, anche nel senso che abbiamo “perso la nostra piazza”, la nostra agorà. Ora stanno cercando di rivederne le forme attraverso lo streaming, le dirette,… è una bella idea, ma non è teatro, il teatro ora non c’è e la sua assenza è una grandissima fatica.

Ma sono certa che il teatro non può morire, sono certa che tornerà quando tornerà il fuoco che lo nutre. E come tutti quelli che si occupano di teatro, o vogliono vederlo, ce lo hanno nella pancia… spero che sarà una grande festa!

Che Daria sta maturando in questo momento?

(Grande risata liberatoria, nda) Ovviamente siamo sempre abitati da tante cose e dai loro opposti. Da una parte fremo, quindi credo che sarà una Daria esplosiva, dall’altra sono nella mia fase meditativa che non è tanto diversa da quella del pre-Covid… e soffro per questo mondo minacciato, al limite della vivibilità in molte cose. Quando usciremo, io sarò sicuramente più consapevole che questo mondo ci può sfuggire e sarò più innamorata dalla vita. Tutto quello che io posso fare è quello che già faccio ed è il modo che meglio mi rappresenta per stare in questo mondo nel modo più rispettoso, facendo teatro con passione e con onestà! Il mio contributo al mondo, perché sia più bello, ho deciso di darlo con questi strumenti, con questi sentimenti. Non sarò un’altra, sarò solo ancora un po’ più Daria!

Forse, in questo tempo obliquo gli adulti possono riscoprire un nuovo ascolto dell’immaginario dei loro figli?

Me lo auguro anch’io, assolutamente!Che infanzia hai lasciato? Che infanzia vorresti ritrovare?

Mi piacerebbe che fosse modificato proprio l’ascolto e che la perdita della quotidianità abbia concesso ai ragazzi di sperimentare l’ascolto in un altro modo, più desideroso dell’altro. Un nuovo ascolto nato dall’aver vissuto l’assenza, che possa essere ancora più straordinario. Questo è il mio sogno. Quello che oggi tutti soffriamo è esattamente concentrato lì… e intendo l’ascolto dell’udito, quello percettivo, quello sensibile, e quello microscopico.

Torna su